Alcara li Fusi: allagata all’Acqua Santa la statua di San Nicolò Politi

Come insegna la saggezza popolare col detto “l’acqua di giugnu ruvina lu munnu” abbiamo assistito e assistiamo in varie parti del nostro territorio a quelle che siamo adesso ben abituati a chiamare “bombe d’acqua”. Alcuni comuni etnei in questi giorni assistono quasi impotenti al tramutarsi delle proprie vie in fiumane riottose, dei propri tombini in improvvisate fontane multigetto e di alcune aree del proprio territorio in suggestivi laghetti da cui emergono auto sommerse fino ai finestrini.
E mentre la città di Adrano, dalla volata elettorale tra i contendenti allo scranno di primo cittadino, contando i danni inferti dalle bombe d’acqua di questi giorni, si prepara speditamente alla prossima Volata dell’Angelo in occasione delle feste patronali, risuona ancora nei notiziari locali e online l’eco degli effetti prodotti dalla sequenza di bombe d’acqua riversatesi il 15 giugno sulla città di Alcara Li Fusi, dove l’esondazione dei numerosi torrenti e una serie di smottamenti hanno arrecato numerosi danni al territorio, lasciando isolato il comune per ben due volte, cancellando persino un antico ponte e un’edicola votiva rurale dedicata alla Madonna.
Alcara Li Fusi, per chi non lo conoscesse, oltre ad essere un piccolo e grazioso Comune della Provincia di Messina, adagiato tra il complesso dolomitico delle Rocche del Crasto e il fiume Rosmarino, luogo di nidificazione di Aquile e Grifoni, è indissolubilmente legato alla città di Adrano attraverso la vita e il culto di San Nicolò Politi eremita. Proprio meno di un anno fa fervevano i preparativi nelle due città e nelle Diocesi di Catania e Patti per lo storico ricongiungimento del corpo del Santo concretizzatosi durante le rispettive festività patronali, ad Adrano il 3 Agosto 2017 e ad Alcara il 17 e 18 Agosto 2017, ricorrendo il nono centenario della nascita del Santo.
Tra le tante notizie e immagini dei calamitosi eventi in cui nei giorni scorsi, suo malgrado, s’è ritrovata la città di Alcara, è improvvisamente “emerso” il 16 giugno un sintetico articolo sul sito internet www.amnotizie.it firmato da Sergio Granata dal titolo un po’ fuorviante:  “Alcara Li Fusi, allagata la grotta di San Nicola”.
La fotografia proposta al lettore ritrae l’interno di un piccolo edificio allagato da torbide acque sulle quali sembra quasi galleggiare la statua del Santo eremita. Lascia col fiato sospeso, pur scoprendo che quello che si sta osservando non è la grotta del Santo, ma il sito che ospita la fonte prodigiosa di S. Nicolò Politi, detta “Acqua Santa”.
Va chiarito che l’immagine, pur mantenendo quel carico di indubbio pathos, di per se non è del tutto inconsueta per questo luogo, in quanto capita che nei periodi invernali le copiose precipitazioni penetrino nell’edificio dal cancelletto d’ingresso, oppure che l’abbondanza d’acqua proveniente dalla stessa fonte facciano allagare l’edificio fino al soglio di ingresso.
Una straordinaria ordinarietà in uno dei luoghi più cari alla comunità alcarese, dopo giorni di tregenda.
Questo sito è, infatti, una tappa abituale e pressoché d’obbligo per devoti, pellegrini e turisti che durante il corso dell’anno visitano Alcara Li Fusi, in special modo quando si è alla ricerca dei luoghi legati al veneratissimo Santo protettore della città. Chi è quello sprovveduto pellegrino che recatosi ad Alcara non sia partito alla volta dell’Acqua Santa armato almeno di una bottiglietta e di speranza?
L’immagine comunque ha un fascino indiscutibile e se da una parte fa riflettere sugli effetti della già menzionata antropizzazione dei territori in relazione ai fenomeni atmosferici, dall’altra parte colpisce emotivamente l’idea che laddove in Alcara si ricordi il prodigio dell’Acqua Santa, soltanto l’immagine scultorea del Santo non sia stata completamente sommersa dalle acque limacciose penetrate all’interno dell’edificio, restando lì, ancora in quella posa, con quel libro in mano e la croce poggiata al petto, quasi a raccontare l’incrollabilità di quella fede, di quella perseveranza nella preghiera e quel desiderio di servire Dio che rivivono nel racconto della vita del Santo.
Sappiamo che si tratta di una statua ben solida in cemento e resina, realizzata qualche decade fa dal Prof. Nicolò Agliolo Gallitto, ma la suggestione che la foto lascia è notevole, come è pure ben chiaro che l’acqua l’abbia parzialmente sommersa fino a qualche ora prima che la foto venisse scattata.
Tuttavia il simulacro come il Santo ch’esso raffigura appare quasi nel “suo” elemento d’elezione distintivo: l’acqua. Acqua che nella storia, nella tradizione e nella leggenda di S. Nicolò Politi ricorre con indubbia frequenza: alla nascita, durante il suo cammino e nel giorno della “rogazione dei miracoli” che ne sublimò la santità a tal punto che da li a breve papa Giulio II ne autorizzò il culto.
Dalla pioggia alla santità, dalla tempesta alla speranza.

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