Mafia Paternò, dal carcere il boss Rapisarda dettava ordini e strategie al “gruppo”: decapitata anche l’ala Morabito

In carcere per mafia 19 persone del cosiddetto “gruppo di Paternò” che fa capo a Salvatore Rapisarda e a Vincenzo Morabito, inteso “Enzo Lima”. L’accusa è associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, tentata rapina, porto e detenzione illegale di armi, con l’aggravante del metodo mafioso. Nel corso di una maxioperazione – denominata “En Plein 2” – che ha visto impegnati duecento carabinieri del Comando provinciale di Catania sono stati eseguiti gli ordini di custodia cautelare emessi dal Gip su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Questi i nomi degli arrestati:
Salvatore Morabito, Domenico Morabito, Salvatore Rapisarda, Biagio Sambataro, Salvatore Sambataro, Antonino Mazzaglia, Francesco Pappalardo, Giorgio Castorina, Emanuele Lucio Farina, Samuele Cannavò, Angioletto Farina, Giuseppe Arcidiacono, Antonino Barbagallo, Giuseppe Patanè,  Alessandro Farina, Sebastiano Tocra, Vincenzo Vinciullo, Vanessa Mazzaglia e Vincenzo Marano.
Le indagini hanno accertato che Salvatore Rapisarda continuava a reggere dal carcere le fila del clan e veniva aiutato dal fedelissimo Alessandro Giuseppe Farina, il quale, essendo anch’egli detenuto, si avvaleva della moglie Vanessa Mazzaglia, del suocero Antonino Mazzaglia e del nipote Emanuele Lucio Farina per veicolare direttive e ordini agli affiliati in liberta’. Salvatore Rapisarda aveva conferito l’incarico di responsabile ad interim per il territorio di Paterno’ al nipote Vincenzo Marano (detto Enzo u squalu), il quale gestiva le “piazze di spaccio” e la cassa comune del clan, assicurando il mantenimento degli associati detenuti. Le indagini hanno consentito di identificare, altresi’, le “nuove leve” del gruppo mafioso, le quali si occupavano di portare avanti le attivita’ criminali, al fine di monetizzare le somme di denaro destinate a confluire nella cassa comune. Attraverso i colloqui con i familiari, i detenuti venivano, a loro volta, informati dei problemi da risolvere (primo fra tutti quello degli stipendi agli associati) ed intervenivano dando specifiche disposizioni da far pervenire all’esterno del carcere. Uno degli strumenti di finanziamento era il traffico di sostanze stupefacenti (cocaina e marijuana), che si sviluppava sulle “piazze di spaccio” di Paterno’ e di Santa Maria di Licodia.
L’operazione odierna costituisce naturale sviluppo dell’indagine “En Plein”, eseguita l’8 aprile 2015 che ha portato alla cattura di 16 soggetti (per i delitti di associazione di tipo mafioso, omicidio, tentato omicidio, porto abusivo e detenzione illegale di armi) e che ha consentito di colpire duramente due contrapposti gruppi criminali operanti in Paternò, segnatamente, l’articolazione territoriale del clan “Laudani” – facente capo ai due “responsabili” Rapisarda e Morabito – e il gruppo facente capo al defunto Salvatore Leanza inserito nel clan “Assinnata”, propaggine territoriale della famiglia mafiosa “Santapaola”.
Le indagini compiute nell’ambito del citato procedimento penale “En Plein” consentivano di individuare il mandante e gli esecutori materiali dell’omicidio di Leanza, inteso “Turi paredda”, avvenuto a Paternò il 27.6.2014, e del tentato omicidio di Antonino Giamblanco, inteso “u sciallarese”, avvenuto in Motta Sant’Anastasia il 30.7.2014.
Proprio con riguardo a questi due fatti di sangue, inoltre, lo scorso mese di maggio 2018, veniva data esecuzione ad un ulteriore provvedimento di cattura emesso dal G.I.P. a carico di 6 soggetti nei confronti dei quali, grazie alla convergenza delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Franco Musumarra e Orazio Farina, venivano acquisiti gravi indizi di colpevolezza in merito alla loro partecipazione all’omicidio in danno del Leanza e al tentato omicidio del Giamblanco.
Le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, anche recenti, riscontrate da attivita’ di indagine tecnica e tradizionale, hanno permettesso di ricostruire le attivita’ criminali e l’organigramma dei gruppi Morabito e Rapisarda, operativi nei Comuni di Paterno’, Santa Maria di Licodia e Belpasso. Le indagini hanno permesso di fare luce anche su una tentata rapina a mano armata consumata il 30 dicembre 2017 a Paterno’ ai danni di un distributore di carburante, nel corso della quale i due malviventi avevano esploso anche un colpo d’arma da fuoco.

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