“C’è una parte della storia” sulle stragi di mafia “che è una storia segreta, ma purtroppo non è una novità, perché è cominciata con la strage di Portella della Ginestra e tutta la sequenza delle stragi che hanno insanguinato la storia italiana hanno una parte che non è stata rivelata e che non credo che, a questo punto, emergerà”. E’ la denuncia del Procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, intervenuto a Palermo a un incontro sulle stragi del ’92. “Abbiamo delle commissioni parlamentari sulle stragi neofasciste, che hanno concluso i loro lavori senza depositare una relazione conclusiva. Per i reciproci interventi politici” dice il magistrato che rappresentò l’accusa nel processo Andreotti. E parla di Falcone a cui sarebbe stato “impedito di indagare sull’omicidio” del Presidente della Regione Piersanti Mattarella, ucciso ilo 6 gennaio 1980, ma anche della “verità storica da raccontare ai giovani”. “Penso che questo paese abbia un grave problema – dice ancora Scarpinato – non riesce ancora oggi a fare i conti con il proprio passato. E, quindi, non può capire il presente. Io sono del 1952 e quando io frequentavo il liceo il corso di storia finiva alla prima guerra mondiale. Non si poteva parlare del fascismo perché tanti professori, presidi, erano coinvolti e non si sapeva come raccontare questa storia alle giovani generazioni. A me pare che la storia di Giovanni e Paolo ce la raccontiamo fermandoci al maxiprocesso. E se io oggi avessi 26 anni, che idea mi farei di Falcone e Borsellino? Due eroici magistrati che si sono battuti contro la mafia che ha esclusivamente i volti di Riina o Liggio, di persone che hanno difficoltà a esprimersi in italiano e che poi li hanno uccisi. E’ questa la verità storica? Ma è questo che raccontiamo ai nostri giovani. Lo raccontiamo tacendo la storia che c’è stata dopo le stragi”. “Che è la storia di quando, dopo il crollo del sistema di potere, è stato possibile celebrare una serie di processi che hanno dato un volto a quelle persone che hanno determinato la via crucis di Falcone e Borsellino, perché certamente non furono né Riina né Greco a smantellare il pool antimafia, la via crucis inizia quando nell’ottobre del 1994 arrestano Nino e Ignazio Salvo, due intoccabili e qualcuno capisce che è stata valicata una linea che non doveva essere valicata. E lì nasce una campagna di stampa di delegittimazione che non era alimentata certamente da personaggi del genere. E si rompe la macchina del pool antimafia. E quando Borsellino denuncia che hanno smobilitato il pool, il Csm gli vuole fare il procedimento disciplinare. E’ una questione di invidia tra i colleghi? Ci vogliamo raccontare questa storia? E’ un mondo, lo stesso mondo che scrive la lettera del ‘Corvo’. Chi lo scrive? Riina?”. “Le stesse menti raffinatissime che organizzano l’attentato all’Addaura a Falcone e che non sono mai state individuate – prosegue ancora Roberto Scarpinato – E perché Falcone se ne va dalla Procura di Palermo? Se ne va perché gli vogliono impedire di fare le indagini su Riina e Calò? O perché gli si impedisce di fare le indagini sull’omicidio di Piersanti Mattarella, di accertare i rapporti tra Gladio e la mafia?”.
“FALCONE CAPI’ CHE L’OMICIDIO MATTARELLA NON ERA SOLO OPERA DELLA MAFIA”
“Ancora una volta perché Falcone è un magistrato che non si ferma alla mafia militare, e tutto questo ormai non è più dietrologia. Perché ci sono sentenze che hanno accertato che Presidenti del Consiglio hanno partecipato a riunioni in cui si discuteva dell’omicidio di Piersanti Mattarella. Quell’omicidio su cui Falcone, per primo, genialmente, aveva capito che non era solo un omicidio di mafia“. “E c’erano anche capi dei servizi segreti che sono stati condannati che erano quelli che proteggevano le latitanze di mafiosi, Capi della Polizia, senatori. Questo mondo ha impedito a Falcone e Borsellino di portare avanti il loro lavoro, questo mondo li ha costretti ad andare via e questo mondo, probabilmente, è coinvolto in quella parte delle stragi che noi non riusciamo a capire e questo mondo che temono i Graviano, ad esempio. Che hanno deciso di non parlare, nonostante abbiano ancora l’età per rifarsi una vita”. “Io credo che per rendere giustizia a Falcone e Borsellino questa storia la dobbiamo raccontare anche ai ragazzi, perché se raccontiamo ai ragazzi che la storia è solo questa qua, raccontiamo una storia dimezzata. E non possono capire quello che succede ora. E quello che succede è che c’è stata una reazione straordinaria contro la mafia militare ma non c’è stata la stessa reazione contro quella parte della classe dirigente che, in modo gattopardesco, si è riciclata e, passata la nottata, ha mantenuto il potere che aveva. Abbiamo avuto presidenti della Regione incriminati per concorso esterno in associazione mafiosa, abbiamo le stesse storie di corruzione di ieri che stavolta non vedono tirare in campo la violenza della mafia“.
“LA MAFIA RASCHIA IL FONDO DEL BARILE”
“Abbiamo una mafia popolare che raschia il fondo del barile di un territorio ormai impoverito – dice ancora il Pg Scarpinato – la Sicilia oggi è la regione più povera d’Italia, con il 40 per cento di disoccupati. Dove prima c’era una saracinesca a cui chiedere il pizzo oggi non c’è più niente. Questi sono costretti a tornare al traffico di droga che arriva dalla richiesta di massa che arriva dal mondo degli onesti, c’è un mondo di professionisti e colletti bianchi che vogliono la cocaina. E poi ci sono i colletti bianchi. E abbiamo un’antimafia dei diritti che non esiste. Dopo le stragi del 92 abbiamo fatti una promessa: che non era più necessario rivolgersi allo zu’ Totò. Come si fa ad andare allo Zen a parlare di legalità?”. “Io credo che ci sia stata molta antimafia delle parole e retorica – dice – è facile travestirsi da antimafioso quando giochi con le parole. L’antimafia dei diritti è fatta di una politica nuova e oggi si fa lottando seriamente contro la corruzione e purtroppo oggi non abbiamo i mezzi per batterla”. “Perché dobbiamo avere gli agenti sotto copertura per il traffico di droga e non per fare la lotta alla corruzione? – prosegue Scarpinato – Ma qualcuno mi spieghi perché? Non c’è un perché. Perché c’è un pezzo di classe dirigente che si racconta a se stesso ancora oggi che la mafia è fatta da brutti, sporchi e cattivi. Semianalfabeti che parlano un cattivo italiano e tutto il resto è una storia che si vuole rimuovere. Molti sono convinti che Andreotti sia stato assolto. Credo che o questa classe dirigente finalmente inizia a fare i conti con se stessa o, se continua a nascondere la polvere sotto il tappeto, e i conti non li farà, noi saremo costretti a scendere dentro un girone infernale che giorno dopo giorno dopo giorno si avviterà. E questo è fare un torto a Falcone e Borsellino, che volevano una società diversa. Il modo migliore per potere onorare la loro memoria non è solo fare quello che facciamo nel nostro ambito ma raccontare ai giovani che è una storia ancora non è stata raccontata. La chiave di lettura della via crucis di Falcone e Borsellino non sta dentro il maxiprocesso ma fuori dal maxiprocesso”.