Fiammetta Borsellino, figlia del giudice Paolo ucciso nell’attentato di via D’Amelio il 19 luglio del 1992, ha incontrato in carcere boss mafiosi Giuseppe e Filippo Graviano, e ha chiesto loro di rivelare quanto sanno sulle stragi di mafia. E’ la stessa Borsellino ha raccontare, in una lettera a ‘Repubblica’, i colloqui avuti con i due fratelli Graviano, detenuti uno a Terni e l’altro a L’Aquila, un tempo capimafia del quartiere palermitano di Brancaccio e al centro della strategia stragista di Cosa Nostra. “Sono andata da Giuseppe e Filippo Graviano – scrive Fiammetta Borsellino – con l’idea che puo’ vivere e morire con dignita’ non soltanto il magistrato che sacrifica la propria vita, ma anche chi pur avendo fatto del male e’ capace di riconoscere il grave male che ha inflitto alle famiglie e alla societa’, e’ capace di chiedere perdono e di riparare il danno. Riparare il danno per me vuol dire non passare il resto della propria vita all’interno di un carcere, ma dare un contributo concreto per la ricerca della verita’. Si tratta – sottolinea la figlia del magistrato ucciso – di un contributo di onesta’ che gli uomini della criminalita’ organizzata devono dare principalmente a loro stessi, perche’ chi uccide, uccide la parte migliore di se’. E poi soltanto contribuendo alla ricerca della verita’, i figli potranno essere orgogliosi dei padri”.