Professori sotto attacco. Nuovi conflitti tra docenti e studenti

Restiamo basiti, dalle ultime notizie che provengono da una scuola di Lucca. Uno studente aggredisce, umilia, beffeggia un docente – che dal video appare inerme e disorientato – con gesti teatrali se non da “candid camera”. Improvvisato? Occasionale? Non sembra, anzi sembra tutto studiato a tavolino. Inquadratura, costumi di scena, sceneggiatura, persino il lancio sui social. O questi ragazzi sono dei geni della comunicazione trash oppure sono proprio fuori di testa. Non è la prima volta per dirla tutta. Altri casi ad Alessandria, Caserta, Avola, Milano, Parma, e Foggia. C’è tutta l’Italia (e meno male che non girano armi come negli USA). Prima delle elezioni politiche – del 4 marzo – qualcuno addebitava tutto alla legge sulla “buonascuola”, la famosa 107. Oppure colpa dell’alternanza scuola lavoro o dei tanti progetti che le scuole propongono agli studenti – qualcuno anche ai presidi sceriffi e al bonus dei docenti. Insomma, tutti a mettere la testa sotto il cuscino per evitare di guardare in faccia la realtà. La nostra società cambia e con essa i valori, i linguaggi, le prospettive. Diventa maledettamente veloce e consuma rapidamente i rapporti umani. E’ di moda definirla società liquida.

Perdono di peso specifico le agenzie formative tradizionali: scuole, parrocchie, associazioni, partiti politici e la famiglia (perché questa vive una crisi tutta sua e in questa vicenda ha un ruolo determinante). Tutto è veicolato dai social, dalla TV, dal web e da nuovi profeti: gli influencer. Come i contadini, le agenzie formative tradizionali hanno bisogno di tempo per sedimentare l’esperienza, per costruire strutture sociali e relazioni, per determinare caratteri e identità. Il rapporto con il tempo, in funzione del raggiungimento degli obiettivi personali e collettivi, può essere il tema di questa riflessione. Questo è solo uno dei tanti punti di vista possibili.

In questo senso, quello che affascina è la possibilità di avere tutto e subito, senza molta fatica. Da una parte la cultura dei supereroi americani, come l’Uomo Ragno e Capitan America e dall’altra figure come Holly e Benji e Mila e Shiro. Per i primi, è sufficiente il morso di un ragno o le radiazioni atomiche, per trasformare uomini ordinari in eroi, anzi in super eroi. Per i secondi, ore e ore di duro allenamento per vincere una sfida.

Per capirci, la Marvel Comics (Stan Lee) contro lo Studio Ghibli, (Hayao Miyazaki) e di questi tempi la Marvel sembra il modello vincente, sicuramente il più comodo. I nostri ragazzi, che hanno paura della natura – quella delle api e delle lucertole – aspettano il morso del ragno per andare bene in chimica e difendere i più deboli o forse solo per apparire più “fighi” e coprire così, tutte le insicurezze che la nostra società produce velocemente. Forse anche noi adulti aspettiamo la morsa del ragno per diventare come gli eroi del “Grande Fratello” o dell’Isola dei Famosi; oppure ci seppelliamo nelle ricevitorie del lotto per cercare il numero vincente per scappare in Brasile.

Ormai siamo tutti sindacalizzati. Polemici su ogni cosa. In diritto di contestare ogni decisione. Il linguaggio che ne deriva è quello televisivo, qualche volta volgare e ridondante (non tutta la TV e penso ad Alberto Angela, a Don Matteo e a PIF). Senza voler fare polemica, andiamo dalla “capra” del critico d’arte al cuore dell’arbitro inglese (Real Madrid vs Juve) che sembra un bidone dell’immondizia per il portierone, fino al “cavaliere” che definisce alcuni avversari politici, inutili persino a pulire i suoi servizi igienici. Quali gli effetti – come influencer – che determinano i personaggi pubblici? Siamo quindi autorizzati ad offendere i nostri interlocutori con azioni plateali e teatrali. Come quello studente con il casco che urlava al docente – “mettimi 6, mettimi 6, mettimi 6, in ginocchio.” Forse tutto questo non è colpa della “BuonaScuola”.

Negli anni della contestazione studentesca del ’68 e del ’90 – che tutti citano e pochi hanno vissuto – lo scontro tra docenti e studenti era ideologico. Giusto o sbagliato, era profondamente politico, culturale, sociale.

Beatles contro Rolling Stones. Fascisti contro comunisti. Oggi mi sembra che la musica è diversa. Ma non si può tornare indietro, non si può vivere nella nostalgia, al contrario bisogna comprendere meglio le criticità e stabilire un nuovo percorso. La sensazione è che le nuove generazioni abbiano energia da vendere, hanno una forza incredibile che deve trovare il giusto spazio per esprimersi. Abbiamo fomentato (noi) uno scontro tra generazioni, abbiamo rotto il patto tra il futuro e la memoria, abbiamo “dopato” i giovani, esaltando il loro super Io. Abbiamo estromesso la funzione del “Mastro” nei processi formativi per esaltare il tutto e subito. Abbiamo desiderato per il nostri figli il successo della Marvel e non la fatica della Ghibli; l’Uomo Ragno su Holly e Benji.

Si deve ripartire dalla promozione della cultura del progetto. L’azione, che a partire dall’analisi – passando dalla sintesi – determina la bellezza del “fare”. Progettare la nostra vita, da protagonisti. Progettare significa capire le risorse di cui si dispone veramente, significa comprendere le condizioni dell’ambiente che ci circonda, significa definire strategie costruttive, significa agire a partire dalle fondamenta e pian piano mettere un mattone sopra l’altro, nei tempi giusti e seguendo un disegno condiviso, significa “abitare” il nostro progetto che include gli altri che diventano i nostri compagni di viaggio, significa sognare e avere una visione lunga, significa piantare un albero come un contadino, significa avere pazienza e determinazione. Per fare tutto questo bisogna ripartire dalla mitezza e dalla gentilezza. Dalla consapevolezza che siamo parte di un disegno che affonda le sue radici nella terra profonda e svetta verso il cielo più terso. “Dammi 6, dammi 6, dammi 6 semi, per piantare un albero da frutta.” Questo deve chiedere il ragazzo al suo Maestro. E che i genitori ricompongano il patto sacro, tra scuola e famiglia.

Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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