Non è facile raccontare ai giovani di oggi, o almeno alle ultime generazioni, la storia di un uomo del passato che dalla vita ha avuto tutto: un amore grande, successo nel lavoro, brillante con gli amici e fondatore di una “dinastia”, quella del cavaliere Alfio Bottino.
Ascoltando i racconti di alcuni amici, quelli di una certa età, mi è capitato di sentire parlare dell’uomo della Provvidenza. Pensavo che si trattasse di qualche santo sconosciuto, invece no, il riferimento è preciso, si tratta del cavaliere Alfio Bottino. Colui che nel secolo scorso la Provvidenza metteva sulla strada di giovani disoccupati, come racconta nel suo libro Giovanni Palumbo, collettore dell’esattoria di Biancavilla.
“I tempi erano molto diversi – dice la nipote Michela Bottino, impiegata presso la Riscossione Sicilia s.p.a. e sindacalista dell’Ugl – oggi non è così. Assunzioni sono quasi un miraggio dappertutto, e poi non esiste più un uomo di quel genere.
Anche se c’è chi ricorda quando mio nonno, uomo di parola, a volte affidava le sue disposizioni scrivendo su pezzi di “pusparere” opponeva la sua firma sulla scatola dei fiammiferi, bastava quella firma per presentarsi all’indomani al lavoro. Comunque, era un uomo di fiducia, soprattutto onesto”.
DA ACIREALE A PATERNO’ CON LA VOGLIA DI RECITARE
Era pronto a partire alla volta di Parigi, avendo ricevuto proposte di lavoro come attore nel cinema, allora ancora muto. Ma le preghiere, i rosari sgranati dalla mamma Anna e delle sorelle Emma, Mela e Camilla e, probabilmente anche del fratello Salvatore, ad un certo punto commossero i santi: Alfio rimase in Sicilia.
A 20 anni già recitava con una compagnia filodrammatica locale, insieme con il cognato Eusebio Longo di Acireale. Nel teatro come per la poesia è difficile sfondare se non si ha talento, ma Alfio cominciò subito a farsi conoscere e avere molti fan.
Qualche anno dopo, appena aperto lo sportello di Paternò, era il 1934 il commendatore Bertazzi inviò a Paternò il giovanissimo Alfio, quando aveva appena compiuto il 23° compleanno. Arrivato a Paternò non conosceva nessuno, trovò casa nei pressi di via Canonico Renna, quasi di fronte alla famiglia dell’ex carabiniere Gaetano Grasso.
IL TRASFERIMENTO A PATERNO’
Nel 1936 anche Alfio Bottino, con a seguito la famiglia, si trasferì a Paternò. Sposò Michelina Grasso, dal matrimonio nacquero i figli Totuccio, Gaetano, Anna Maria e Corrado.
A Paternò entrò subito in sintonia con gli appassionati del teatro locali. Fece parte del cenacolo culturale dell’avvocato Angelo Caruso divenendo da subito suo beniamino. Alfio era “l’attor giovane” paragonabile al mitico Vittorio De Sica “nell’Innamorato”. Aveva una bellissima voce, incantava chiunque. Il suo carattere gioviale lo favorì molto, specie nei rapporti con il commendatore Bertazzi; dopo la guerra, infatti, Alfio divenne direttore e poi funzionario dirigente di quasi tutte le esattorie della ditta Bertazzi.
Fu presidente del collegio sindacale della Banca Popolare Commerciale V.E. di Paternò dal 1941 al 1945 e sindaco effettivo della stessa dal 1974 al 1980
A novembre del 1944 Bottino partecipò alla rappresentazione teatrale con la regia dell’avvocato Angelo Caruso e Tano Marino “Il profumo di mia moglie” prestigiosa commedia dell’equivoco.
Nel 1948 fu nominato Cavaliere Militare dell’Ordine della Croce Aurata di Malta. Fu a lungo presidente del Circolo Ricreativo Buoni Amici. Nel 1956 legò profonda amicizia con il sindaco Barbaro Lo Giudice, divenendo dirigente amministrativo della Democrazia Cristiana.
Nel 1975 la prima volta insieme sul palco Alfio Bottino con il figlio Totuccio.
Nel giugno di quell’anno il Piccolo Teatro rappresenta con successo “Scunciuru” di Alessio Di Giovanni per la regia di Manuele Bonanno, direttore artistico Alfio Bottino, scenografo Santo Fallica, Salvatore Tomaselli per il suono, Giovanni Aloisi per le luci, arrangiamento musicale Alfredo Marino, per il canto Totuccio Bottino e Anna Ciaramella.
La sua casa era aperta a tutti, con gli amici era solito preparare con le proprie mani lauti pranzi. Nella sua casa di Ragalna si potevano incontrare personaggi della politica locale: a casa sua si tenevano pubbliche relazioni dei politici locali.
Nella comitiva, intuitivo ed empatico, il cavaliere Bottino era anche colui che “cunzava” matrimoni, insomma un bravo paraninfo.
Nel 1976 diviene presidente dell’ospedale di Paternò, ma ne uscì quasi subito, mal sopportando le ruberie che molti praticavano presso ai danni dell’ente ospedaliero. Dopo una vita ricca e piena di soddisfazioni ci lasciò nel febbraio del 1990.
Dopo aver raccontato questa bella storia, piange il cuore perché dopo appena qualche decennio gli uffici dell’esattoria hanno lasciato i locali di Paternò. Oggi non c’è più l’esattoria, ma la nipote Michela Bottino ci rincuora; “Nel luglio del 2015 è stato siglato un accordo, un patto tra Riscossione Sicilia, Anci Sicilia e Asael.
L’accordo prevede l’apertura di numerose postazioni dell’esattoria presso qualsiasi comune, a patto che i locali siano messi a disposizione dai comuni che aderiranno al patto. Se gli amministratori di Paternò volessero riaprire nuovamente lo sportello, si può fare.
“In alcuni comuni è già avvenuto. Così come nel lontano 1935, oggi sarebbe – osserva Michela Bottino – un grosso vantaggio, un passo avanti in aiuto per gli oltre due milioni di contribuenti siciliani che potranno rivolgersi a Riscossione Sicilia per informazioni e pagamenti evitando lunghi tragitti fino a Catania e attese agli sportelli.”