Petronio Russo, l’adranita che inventò la locomotiva stradale (“nonna” dell’auto)

Un’auto ante litteram che venne presentata in pompa magna a Catania. Il progetto geniale lo si deve allo scienziato adranita Giovanni Petronio Russo. Alla diffusione della sua figura ha dedicato gran parte della sua vita l’indimenticato imprenditore adranita Nino Sidoti, andato via troppo presto. Da alcuni anni il testimone è passato nelle mani del dott. Nicola d’Aniello, apprezzato medico adranita. A lui il Corriere Etneo ha chiesto di ricordare la maestria e l’ingegno del “nonno” dell’automobile, mai citato dai libri sulla storia dei motori.

E’ in questa Sicilia antica, rassegnata ma inquieta, negli anni convulsi che seguirono l’unità d’Italia che ha inizio e si dissolve, alla fine di un ciclo esaltante, l’avventura dell’adranita Giovanni Petronio Russo. Una vicenda singolare, ma emblematica di tanti altri tentativi di riscatto frustati dalla marginalità culturale, geografica e politica dell’isola.
Intorno al 1840 Giovanni Petronio Russo rilancia il progetto di una locomotiva che cammini su strada perché il sistema ferroviario si sta espandendo in tutta Europa mentre come lui stesso scrive (Napoli 1883): “Non tutte le contrade si prestano all’impianto  di una rete di ferrovie per gravi difficoltà, ora fisiche per l’inaccessibilità dei luoghi, ora economiche per la poca estensione del commercio”. Egli pensa alla sua Sicilia e intuisce che le ferrovie avrebbero trascurato le aree arretrate e la Sicilia sarebbe stata tagliata fuori dalla possibilità di sviluppo che il nuovo corso della storia faceva allora sperare. Intuizione profetica.
La locomotiva su strada inventata da Giovanni Petronio Russo rappresenta l’indispensabile percorso per arrivare all’attuale  automobile,  per l’agilità di eseguire le curve più strette per un nuovo sistema sterzante, per la facilità di superare le più erte salite dovuta ad una maggiore potenza sviluppata dalla caldaia verticale da lui modificata oltre alla sua leggerezza prima di allora impensabile per una locomotiva, sia  per la velocità che raggiungeva i 25 Km all’ora, per l’istantanea fermata nelle più ripide pendenze. Tutto era pronto per ricevere il motore a scoppio che arrivò  da li a poco grazie agli aiuti economici che altri governi e imprenditori illuminati fornirono. Proprio il sistema di frenatura a ganasce usata per decenni nelle macchine di tutto il mondo e fino a qualche anno fa sui treni ha permesso un salto di qualità alla storia dei trasporti.
La macchina fu presentata a Roma, la prima macchina che abbia circolato per Roma!  Da Villa Borghese  attraverso piazza del popolo e lungo Tevere giunse a ponte Miglio tra ali di folla inneggianti. Stessa cosa avvenne a Catania; tutti i giornali dell’epoca con toni entusiastici hanno celebrato gli avvenimenti. Ma avvenne ciò che allora scrisse il giornale “la Riforma”, cioè che “che l’Italia non fosse ingrata a Giovanni Pewtronio Russo e che non fosse lo straniero a ricevere quel giusto compenso  che la importanza e l’utilità della sua innovazione merita”. In Italia non si trovarono né risorse economiche né capacità politica per sostenere tale progetto. Petronio Russo fu costretto a vendere tutto, macchina e brevetti, e a ridare indietro alla famiglia e agli amici i soldi avuti in prestito per la sua avventura.
Il nome di Giovanni Petronio Russo non figura in alcun libro di storia dell’automobile. Eppure la semplice conoscenza delle sue innovazioni potrebbero far cambiare in positivo il giudizio fino ad oggi  dominante della storia  sul pionierismo dell’automobile in Italia. Da oltre venti anni ci battiamo per  realizzare questa rivalutazione storica perché la storia di un paese appartiene a chi sa amare e conservare la sua storia.

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