Ogni città ha le sue leggende. Un palinsesto di storie, di racconti e di poesie antiche. Fili sottili, che legano gli uomini di oggi a quelli di ieri. Fate, gnomi, fantasmi, regine e animali mostruosi. Dentro una grotta, nelle stanze del castello e tra i vicoli della città vecchia. Personaggi immaginifici che vivono nei racconti degli anziani e qualche volta occupano antiche chiese e sacrari.
L’uomo ha sempre avuto l’esigenza di dare sostanza e corpo, a questa dimensione onirica, che trova nell’arte il suo spazio più espressivo.
Il Romanticismo del XIX secolo – che ci porta all’esotico e all’antico – esalta tutti “quegli elementi caratteristici della coscienza e del comportamento umano come la malinconia, l’irrazionalità, il dubbio, il desiderio di essere diverso, l’egocentrismo eccessivo, la disperazione, l’insoddisfazione dinanzi alla ripetitività della vita «normale, il desiderio di farsi assorbire dalle forze della natura fino all’annullamento”. Basti pensare all’Isola dei morti di Arnold Bocklin; alla La Zattera della Medusa di Théodore Géricault.; all’incubo di Johann Heinrich Füssli; a Il Grande Drago Rosso e la donna vestita di sole di William Blake; a Cronos divora i suoi figli di Francisco Goya e Il Bacio di Francesco Hayez. Opere inquietanti, misteriche, magiche e paurose che hanno influenzato la cultura dell’irrazionale, (dall’egittologia alla cultura gotica) fino a sfiorare – ancora oggi – il satanismo, anche nella nostra vicina contemporaneità, appena dietro l’angolo.
Questa cultura – latente e velata – che scova all’interno dell’ordinario le tracce dell’antico e del mistero, si sviluppa prevalentemente tra gli adolescenti. Basta un riferimento, un accenno, una coincidenza per accendere l’interesse e costruire una storia. Mi capita spesso di sentire di fantasmi, di folletti e di “altro” nei racconti degli studenti, che vivono costantemente alla ricerca di conferme del trascendente. Credo, forme di Romanticismo del XXI secolo. E mi sembra utile – far comprendere proprio a questi studenti – l’origine di questo sentimento e le ragioni che portano al successo, esperienze musicali come quelle di Salmo, Nitro, Machete CRW (tra rap e hip hop) e quella più famosa di Joanne Rowling autrice dei racconti di Harry Potter. Non stiamo entrando nel merito di categorie come bene e male, ma del modo come gli uomini le rappresentano (l’arte) e di come gli adolescenti le percepiscono. In questo senso andrebbe fatta una riflessione più approfondita.
Ovviamente in ogni città si stratificano storie, che attingono ad una letteratura generale – che il cinema, i fumetti, la musica e i romanzi, amplificano fino a confonderle con la realtà o con un paesaggio culturale, in cui gli adolescenti, si identificano e trovano quella dimensione introspettiva che più li accompagna verso un’idea di infinito, privo di sostanza teologica e storica.
Prima di entrare nel merito di alcune storie di misteri urbani, è opportuno ricordare sulla razionalità nella religione – che come diceva Benedetto XVI – se non osservata, si andrebbe contro la natura di Dio. Quindi La ragione è un caposaldo in qualsiasi religione, senza la quale porterebbe – le religioni – facilmente alla violenza, dice Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale all’interno delle riflessioni sul Discorso di Ratisbona, svolto ad Acireale il 15 febbraio 2018.
Quindi la ragione è la chiave di lettura per decodificare le mitologie urbane. Necessaria per comprendere, le ragioni romantiche che riemergono dal passato e che trovano negli adolescenti, prima di tutto, il terreno fertile per prolificarsi e quindi autogenerarsi.
Nel merito, posso raccontare due storie, emblematiche di quanto detto sopra. La prima è recentissima. Da qualche giorno, sul web, circola un filmato che riprende la presenza di fantasmi in un edificio comunale a Paternò, una volta adibito a uffici dell’Azienda Sanitaria ed oggi abbandonato. La seconda (ormai diventata leggenda) si riferisce all’uso – presunto – per riti satanici, delle vecchia cappella funeraria della famiglia Cutore, nelle adiacenze del cimitero monumentale.
Qualche anno fa, Mimmo Chisari e Alfio Ciccia – all’interno della pubblicazione Rocca Normanna edita dal Comune di Paternò (del 2000) – esplorarono sul piano antropologico questo tema: quello delle leggende e dei miti urbani. In tanti racconti, emergeva la comune necessità di chi costruiva e diffondeva tali storie l’esigenza di allontanare – da alcuni rifugi o luoghi in cui si nascondevano refurtive e ricchezze – la curiosità degli abitanti. Oppure al contrario spingere a frequentare alcuni quartieri, nella speranza di diventare ricchi, dopo aver incontrato personaggi misteriosi.
Forse nell’edificio abbandonato dell’azienda sanitaria c’è la necessita di allontanare i curiosi per poterlo usare abusivamente senza che nessuno disturbi. Allora un fantasma è la soluzione giusta. Magari recuperarlo e restituirlo alla collettività sarebbe meglio, anche per il fantasma.
Sulla Cappella Cutore la questione è più affascinante. Sorge su una delle bocche emissive di gas che afferisce al Neck vulcanico (che conosciamo meglio come collina storica di Paternò o acropoli), e sino al XIX secolo ci sono le testimonianze dei monaci, dell’adiacente convento, che riscaldavano i cibi con tali gas caldi. Ovviamente la cappella sorge su probabili grotte naturali o forse archeologiche e se il profumo di zolfo è qualche volta presente (Concetta Centamore, ci riferisce del rapporto tra tale fenomeno e l’eruzione dell’Etna), è facile fare un collegamento mentale: zolfo uguale satana, cappella uguale chiesa sconsacrata, croce con parafulmine uguale croce al contrario e il gioco è fatto. Serve l’oscurità, il cimitero vicino, tre storielle sentite dagli amici e siamo pronti per una nuova avventura. A questo punto serve il credulone di turno oppure un gruppo di amici che vogliono divertirsi insieme.
Sarebbe interessante – a partire dalle leggende – costruire una mappa dell’immaginifico urbano e su questo piano culturale creare un’opportunità turistica e attrattiva. Insomma fare di una criticità, un’opportunità.
Io comunque da quelle parti ci vado poco, e ci andrei poco al vostro posto, non si sa mai, fosse tutto vero. La ragione ha bisogno di segni per essere celebrata e narrata, il mito è uno di essi.