Il rettore dell’Università di Catania Francesco Basile ha inaugurato ufficialmente l’anno accademico 2017-2018 – il 583° dalla fondazione dell’Università di Catania -, al termine di una solenne cerimonia che si è tenuta ieri al Monastero dei Benedettini.
Dopo il corteo storico, composto dai rappresentanti dei dipartimenti, degli organi di governo e dai rettori ospiti, il professor Basile ha tenuto la sua relazione inaugurale. Successivamente hanno preso la parola il direttore generale Candeloro Bellantoni e il senatore accademico Andrea Giulla, in rappresentanza degli studenti.
Ospite d’onore della cerimonia è stato il prof. Stefano Paleari, ordinario di Analisi dei sistemi finanziari, già rettore dell’Università di Bergamo e presidente della Conferenza dei rettori ed attuale commissario dell’Alitalia, che ha tenuto una prolusione sul tema “Il futuro del lavoro, il lavoro del futuro: quale Università?”, ribadendo le ragioni per cui, ancora oggi, la scuola e l’università siano da considerare i capisaldi fondamentali per ridurre le disparità sociali e territoriali presenti nel nostro Paese.
“La conduzione di un grande Ateneo come quello catanese è certamente un impegno gravoso, ma entusiasmante – ha sottolineato il rettore Basile, che ha appena tagliato il traguardo del primo anno di mandato -. Ho cercato di trasmettere alla comunità accademica, a tutti i livelli, serenità, certezza di trasparenza e meritocrazia, in uno con l’esempio di concreta operosità. Sono fiero ed orgoglioso di avere ottenuto l’attenzione e la collaborazione di docenti, studenti e personale e sono certo che riusciremo insieme e con il rispetto assoluto delle regole, ad intraprendere moderni percorsi di sviluppo della didattica, della ricerca e della terza missione e ad ottenere la giusta considerazione nel panorama internazionale elevando ulteriormente il prestigio del Siculorum Gymnasium”.
L’ampia relazione del rettore ha toccato tutti i temi più importanti per la vita dell’istituzione universitaria: dalla riduzione delle risorse alla condizione occupazionale dei laureati, dalla necessità di essere più attrattivi verso i giovani ai servizi per il welfare studentesco, alla creazione di nuovi spazi a disposizione degli studenti alle iniziative per la mobilità urbana, dall’internazionalizzazione alla comunicazione, dalla ricerca all’assistenza sanitaria, guardando soprattutto al grande obiettivo dell’accreditamento dell’Anvur, l’agenzia nazionale che garantisce un adeguato livello di controllo sulla didattica, sui corsi di studio e sulle strutture fissato nel 2020.
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Il direttore generale Candeloro Bellantoni ha indicato nel riequilibrio di bilancio, nel superamento del precariato storico, nella semplificazione e nell’efficientamento dell’azione amministrativa, e infine nel potenziamento dei servizi agli studenti i vari punti della strategia adottata per il rilancio dell’Università di Catania. “Dobbiamo ricondurre questo Ateneo a quella posizione di prestigio di cui essa ha goduto a lungo nel corso dei secoli – ha esordito il direttore generale –. Catania, come molti altri atenei italiani del Centro-Sud, sta vivendo delle difficoltà, a causa della riduzione sia delle risorse economiche da parte dello Stato, sia del numero degli iscritti”.
Puntare sul Job Placement per favorire l’ingresso degli studenti nel mondo del lavoro e riportare l’Ateneo di Catania in linea con gli standard delle Università del nord Italia. Per Andrea Giulla, rappresentante degli studenti nel Senato accademico, sono i due punti “chiave” su cui il rettore Francesco Basile deve intervenire in tempi brevi per assicurare soprattutto la qualità del percorso formativo e post-laurea dello studente catanese.
Molto apprezzato anche l’intervento del prof. Stefano Paleari, che ha proposto un’articolata riflessione sul ruolo della scuola e dell’università nella società attuale. “Abbiamo davanti delle grosse sfide – ha esordito l’ex presidente della Crui -: oggi sono in discussione tutte le categorie del secolo passato. Il Novecento si basava su un grande capisaldo: la staticità che era legato all’appartenenza. I ragazzi erano individuati con la professione del padre; l’appartenenza era esaustivamente elemento identitario. Un’appartenenza di discendenza, di classe e generazionale. E noi abbiamo costruito delle istituzioni in una società statica e lineare: c’era un tempo per studiare, uno per lavorare e uno per riposarsi. Oggi le categorie novecentesche sono state “liquefatte” per dirla come il sociologo Baumann. E’ in atto una distruption demografica: La popolazione in Italia invecchia, mentre dal 2000 nazioni come Francia, Germania e Inghilterra hanno avuto una ripresa della dinamica demografica. Barriere generazionali: I giovani sono sempre meno inseriti nelle tradizionali forme del lavoro, con un tasso di disoccupazione drammatico.
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