“Il 2018 si è aperto con il 70° anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, il primo e più completo codice antimafia del paese, che non potrà dirsi pienamente attuata, nei suoi valori fondanti di democrazia e libertà, se non sarà fatta piena luce sulle stragi e sui delitti a carattere politico-mafioso del 1992-1993”.
E’ quanto evidenzia un passaggio della relazione finale della presidente della Commissione antimafia, Rosy Bindi, che sottolinea come la ricerca della verità si debba spostare “dal terreno giudiziario a quello più politico e storico”. “Il complesso iter giudiziario sulla stagione delle stragi, largamente insoddisfacente per appagare la sete di verità su quelle drammatiche vicende, è ancora incompleto: in questi giorni è infatti attesa la pubblicazione delle motivazioni della sentenza sul processo Borsellino quater, celebratosi a Caltanissetta – ricorda la Relazione – Tuttavia il tempo trascorso, la scomparsa di molti protagonisti, gli istituti giuridici del giudicato e della prescrizione, impongono un progressivo spostamento della ricerca della verità dal terreno giudiziario a quello più politico e storico”.
“COLLEGAMENTI TRA COSA NOSTRA E CENTRI OCCULTI DI POTERE”
“Per questo – spiega Bindi – è apparso doveroso lasciare, a conclusione di questa relazione, un capitolo dedicato alle domande che restano ancora aperte ma che la commissione ha messo a fuoco su quella drammatica stagione. Una loro lettura politica richiederà probabilmente di metterle in connessione con altre drammatiche vicende precedenti, a partire dal delitto Moro, che restano ancora oscure nonostante tutti gli sforzi, anche recenti, di fare luce”. A giudizio della commissione “rimane infatti il dubbio che una lunga scia di sangue unisca politicamente via Fani a via D’Amelio, passando per tanti altri luoghi, in Sicilia e lungo la penisola. Le parole di Giovanni Falcone sulle ‘menti raffinatissime’ che ‘tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di cosa nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi’ sono in realtà domande a cui la politica non può rinunciare a dare una risposta soddisfacente. I responsabili della stagione delle stragi non sono solo dentro le mafie, ci sono responsabili anche in altri settori. Spero che la prossima commissione sappia far luce anche su questo versante, individuando le responsabilità politiche”.
“LOTTA ALLA MAFIA SIA CENTRALE ANCHE IN CAMPAGNA ELETTORALE”
Il tema della lotta alla mafia “dovrebbe irrompere di più nella campagna elettorale. E’ uno spartiacque dal quale non si può uscire. La politica deve mettere il contrasto alla mafia al primo posto.
“Alcune candidature sono semplicemente dei segnali a qualcuno per portare dei voti, e se il consenso delle mafie oggi è diventato così importante lo è perché ogni giorno sembra sparire il consenso buono. L’astensionismo è il primo regalo alle mafie.
“Il mandato per la prossima commissione non potrà trascurare il compito, su cui molto si è lavorato, del rapporto tra mafia e politica, soprattutto sul versante della trasparenza e della selezione delle candidature, in particolare a livello locale.
“Rientrano in quest’ambito, le proposte di modifica del Testo Unico degli enti locali, nella parte relativa allo scioglimento dei comuni per infiltrazione e condizionamento mafioso, alla gestione dell’ente da parte della commissione straordinaria e alle previsioni in tema di incandidabilità e ineleggibilità, ampiamente illustrate nella relazione. Tuttavia – sottolinea la commissione – il tema delle misure sulla presentazione e la qualità delle candidature, non si esaurisce certamente con l’esibizione di certificati penali privi di evidenze giudiziarie”. “Nonostante alcune polemiche, va dato atto alla Commissione di aver individuato un tema centrale nell’opinione pubblica e, probabilmente, divenuto ormai ineludibile nel dibattito politico. Sul monitoraggio delle liste elettorali, la Commissione antimafia è stata, come in passato, il luogo di ideazione e elaborazione – rileva la Relazione – nonché il motore propulsivo di un modello di verifica, che al di là di iniziali polemiche, si è rivelato anche la sua sede istituzionale e di garanzia, credibile e utile, tanto da suggerire ad alcune liste e formazioni politiche di procedere ad una verifica preventiva dei propri candidati”. Per questo la commissione chiede “di assicurare continuità a questo impegno anche nella prossima legislatura”.
“LA MORTE DI RIINA IMPONE ALLA MAFIA UNA STRATEGIA COMUNE”
“La fase di sommersione seguita alla sconfitta della mafia corleonese, eversiva e stragista, e all’assenza di un capo attivo, che si è tradotta in assenza di una strategia unitaria, non hanno intaccato le potenzialità criminali di Cosa nostra, che nonostante l’azione incessante delle forze dell’ordine e della magistratura mostra una straordinaria capacità di rigenerazione”. A sottolinearlo è la presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, nella sua relazione conclusiva. “Cosa nostra – ricorda Bindi – è vitale in ciascuna provincia siciliana. In questi anni l’organizzazione ha mantenuto il controllo del territorio e gode ancora di ampio consenso, ed esercita tuttora largamente la sua capacità di intimidazione alla quale ancora corrisponde, di converso, il silenzio delle vittime”. Per la presidente della Commissione, “la morte di Totò Riina costituisce paradossalmente un ulteriore elemento attuale di forza. Cosa nostra è infatti libera di ridarsi un organismo decisionale centrale, e quindi una strategia comune, finora ostacolata dall’esistenza di un capo che, in carcere a vita al 41-bis, ne’ poteva comandare ne’ poteva essere sostituito. Andrà perciò attentamente monitorata la fase di transizione che si è formalmente aperta e che probabilmente subirà un’accelerazione a breve”.