Gli omicidi seriali in ambulanza potrebbero essere cominciati già nel 2010. E stavolta, come se l’orrore non bastasse, non solo con una iniezione di aria in vena ma con un cuscino sul volto, per soffocamento. Lo ha rivelato la trasmissione Le Iene di Italia 1 che ieri sera è tornata sulla vicenda dell’ambulanza della morte. Proprio sulla scorta delle testimonianze raccolte dalle Iene, la Procura di Catania ha arrestato il 12 dicembre scorso Davide Garofalo, l’ambulanziere accusato di iniettare aria nelle vene dei malati terminali quando questi venivano trasportati dall’ospedale di Biancavilla alla propria abitazione. I magistrati indagano su 55 casi sospetti avvenuti tra il 2012 e il 2016.
Ci sono due testimoni – nomi di fantasia Marco e Mattia – che provano tutto ciò. Dopo avere incassato un prezzo maggiorato per il trasporto di una persona defunta, i responsabili dell’ambulanza della morte “vendevano” la salma ad un’agenzia di pompe funebri gestita dai clan mafiosi locali.
Il programma Mediaset ha anche raccolto una nuova testimonianza, quella di un familiare di una vittima, che potrebbe spostare indietro di due anni l’inizio dell’escalation delle morti sospette. Parla la figlia di una paziente di 80 anni, ricoverata nell’ospedale di Biancavilla e trasferita in ambulanza – “quella” ambulanza” – a casa propria. “Mia mamma è morta il 13 maggio del 2010, – racconta la donna – ho avuto una depressione perché mia mamma mi è sembrata rubata. Non ci potevamo dare pace: in 5 minuti, Biancavilla Adrano, mia mamma com’è morta”.
La donna spiega le ragioni del trasporto a casa: “Sono arrivata là (in ospedale ndr.), mia mamma capiva, certo era con la mascherina. Però il dottore ci diceva solo che la dovevamo intubare. Poteva campare 2 o 3 anni. Aveva 80 anni però a me mi sembrava giovane. Diceva sempre che voleva tornare a casa. Allora mia sorella ha detto: ‘Mia mamma, anche se ha questa mascherina, noi ce la vogliamo godere così. Allora il dottore ha detto: ‘Alle 2 ve la portate’.
A quel punto – ricorda la donna – entrano in scena gli ambulanzieri che danno la morte: “Hanno preso questa barella, hanno preso mia madre dal letto e mia sorella le fa: “Ti stiamo portando a casa e quella con la testa capiva. Allora noi pronti per andare sopra l’ambulanza. Questo (l’ambulanziere ndr.) ci dice: “No, no, no, nell’ambulanza non si deve mettere nessuno” Le due figlie della donna malata sono costrette ad andare con la propria macchina.
“Noi dietro l’ambulanza. Quando è arrivata a casa quello (l’ambulanziere ndr.) chiama mia sorella e le dice. “Signora, senta, non gridi, la mamma è morta”.
La donna avanza un sospetto che combacia in maniera perfetta con la testimonianza del testimone Marco (l’uomo si trova in una località segreta sotto protezione).
“Mia mamma – afferma la donna – quando l’ho guardata che era messa nel letto, sembrava quando tu soffochi, come se uno non può respirare più. Dicevo io: ‘Ma la mamma perché è rimasta così?’ O le è stato messo un cuscino sopra la bocca, non lo so io. Perché il viso lei lo aveva, come dire, che voleva aiuto. Sembrava che voleva prendere aria. Uccisa con un cuscino? Il cuore mi dice sì. Poi io non ci metto la mano sul fuoco”.
E di una donna uccisa con un cuscino ha parlato alle Iene uno dei due testimoni chiave dell’inchiesta. “Ha ammazzato una signora con un cuscino perché non ci riusciva con la siringa. Tu sai che significa? Hanno dovuto metterle un cuscino in faccia”.
Le Iene hanno anche intervistato l’ambulanziere inquisito che continua a svolgere il suo lavoro davanti all’ospedale di Biancavilla.
“Morti con la siringa? No, non può essere, – è stata la risposta dell’uomo – io trasporto solo persone vive, per portare un pezzo di pane alla famiglia”.
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