“Francesco Fichera: La modernità nella tradizione dell’architettura”. E’ questo il titolo della pubblicazione di Fabio Guarrera edito da Lettera Ventidue.
Il lavoro di ricerca – avviato all’interno del Dottorato di Composizione Architettonica presso lo IUAV di Venezia – esprime la sua prima riflessione sulla figura di Francesco Fichera; architetto catanese, che ha contraddistinto, con le sue opere e i suoi scritti, il paesaggio culturale a cui afferiva (prevalentemente quello di Catania), dai primi anni del ‘900 fino al dopoguerra.
Il lavoro svolto da Guarrera è paragonabile a quello di un paleontologo, che restituisce le tracce del DNA culturale, relativo allo statuto dell’architettura, in uno spazio geografico che ha visto Catania come epicentro di una scuola di architettura, che sembra aver perso le tracce genetiche della sua esistenza.
Un viaggio che tenta di svelare le connessioni tra le opere di Fichera –attento a costruire le relazioni tra la tradizione e la modernità attraverso la …“ri-significazione al presente delle forme del passato, attraverso un processo di stilizzazione figurativa”… e i suoi scritti; tra le sue esperienze internazionali – in particolare nei luoghi della secessione viennese e dell’esplorazione scandinava – e la matrice culturale arabo-normanna e barocca.
Il regesto delle opere, ci offre la possibilità di costruire un palinsesto dentro cui poter collocare i successivi approfondimenti a cura (speriamo) dello stesso Guerrera o di chi voglia riscoprire il valore di Fichera – finalmente guidato da una mappa culturale.
Si tratta di individuare l’armatura culturale di una (possibile) scuola di architettura a partire dall’esperienza che Fichera propone, nel rapporto tra tradizione e modernità, lontana da internazionalismi anaffettivi. Questa scuola, che ha già alcuni interpreti autorevoli, in uno spazio geografico più ampio di quello catanese e che ha visto il proliferarsi di esperienze coerenti a questi principi – seppur prive di un consapevole basamento teorico – costituisce un patrimonio che trova finalmente le radici della sua identità, determinando una direttrice a cui molti architetti si possono identificare.
Avendo la fortuna di lavorare al recupero di un’importante opera di Francesco Fichera, non solo apprezzo il lavoro di ricerca di Guarrera, ma ne individuo alcuni possibili approfondimenti sul pitagorismo e sull’esoterismo oltre all’attenzione che il “Magister ex vivis lapidibus” aveva nei confronti della tecnologia, del dettaglio e di quella che ora chiamiamo “bioarchitettura”, anche questa recuperata dalla tradizione e declinata nella sua modernità.
L’Ordine degli Architetti di Catania ha il dovere di recuperare questa traccia e costruire un percorso condiviso a partire dalla figura Francesco Fichera (che ha subito la stessa sorte dell’Ulisse di Joyce – il più citato e il meno letto). Mettendo a frutto l’opera di Guarrera che costituisce il basamento culturale su cui “piantare” questo progetto genetico che proprio un paleontologo dell’architettura ha portato a nuova luce. In questo senso la lezione che ne ricaviamo – se prendiamo a prestito l’eredità di Fichera è che lo Stile = ƒ (E,A,G,M,C,P,S,s) e cioè: funzione di Ereditarietà, Adattamento, Geografia, Materiali da costruzione, il meccanismo Costruttivo, Politica, Sensibilità Generale, sensibilità dell’artista; abbiamo trovato la radice di un albero rigoglioso che aspetta solo di essere svelato.
Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.
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