Tra qualche giorno, si chiudono i termini per la prima fase delle iscrizioni – on line – nella scuola. Dalle medie alle superiori, le scuole vivono il momento più intenso. Docenti, alunni, genitori e dirigenti sono impegnati a “orientare” le famiglie, verso una scelta, che sarà determinante per il futuro dei ragazzi e del nostro Paese. Sogni, desideri, speranze. A tavola, non si parla che di una sola cosa: cosa farai da grande?
Il carabiniere, il pilota, il medico, il paleontologo, l’architetto, la ginecologa e lo scrittore. Si parla di lavoro, di opportunità, di occasioni, dello zio che vive a Milano e di quella volta che ci hanno parlato della Germania. Oppure si comincia a parlare dei professori di quella o di quell’altra scuola.
Per le scuole medie – la scelta – è spesso una questione di distanza dalle proprie case, di facilità a raggiungerle, di prestigio dei docenti più esperti, del numero di progetti extracurriculari che vengono proposti agli alunni. Forse anche dalla leggende che si sono stratificate negli anni sulle gite, sulla prof d’inglese e di matematica. Ognuno costruisce una propria classifica, in cui prevale un criterio più degli altri: il prestigio della scuola e dei suoi utenti, la presenza dei compagni delle elementari o dei fratelli, le strutture, lo studio delle lingue, la palestra e il misterioso coding.
Alle superiori la musica cambia. Si comincia a prefigurare il rapporto tra studio e lavoro futuro. Si esplorano i talenti possibili, le inclinazioni culturali. La predisposizione dei nostri figli, agli studi artistici e umanistici, a quelli scientifici e tecnologici, alle scienze umane ed economiche. Forse, si proiettano anche i desideri non soddisfatti dei genitori, che vorrebbero che i figli, li realizzassero per loro. Forse qualcuno, desidera persino una classe dove i propri figli, possano frequentare la figlia del magistrato, il figlio del notaio; evitando la nipote di quello e quell’altro (è il più grave errore educativo, serve invece la coesione e l’integrazione sociale) . Insomma, sogni, desideri e speranze che attraversano l’esperienza di ogni famiglia – a torto o a ragione.
La scuola è comunque il luogo dell’incubazione. Il paesaggio immaginifico di D. Starnone, P. Mastrocola e A. D’Avenia. Scrittori che hanno raccontato – con i loro romanzi – le storie di tanti ragazzi adolescenti, che vivono l’amore, l’amicizia, i conflitti con se stessi e gli altri, l’ansia per il futuro, dentro uno spazio metafisico, in cui docenti e genitori, sono i co-protagonisti dell’educazione e della formazione (spesso non cogliendo la portata emotiva di questa fase di crescita). Un patto tra le parti , che accompagna il discente verso la consapevolezza di essere un cittadino, proiettato nel futuro. Nella scuola, si vive, si soffre, si combatte. Gli occhi dei ragazzi dicono tutto. Spesso sentiamo i loro pianti, le loro urla, le corse di felicità e tante delusioni. Sono una palestra di vita, uno spazio per sperimentare la grande avventura che li aspetta dopo il diploma.
Oggi l’agenzia formativa pubblica, offre innumerevoli occasioni per crescere. Progetti di approfondimento, laboratori creativi, stage e alternanza scuola lavoro. Spesso si assiste a una tempesta di offerte, che fanno a gara tra loro, per attirare il maggior numero di utenti/studenti. In questo senso è necessario essere lucidi nella scelta. Attenti all’offerta formativa, che sarà la base per i successivi approfondimenti universitari o il punto di partenza per trovare un lavoro.
La scuola deve educare all’innovazione, alla partecipazione, all’inventiva, alla creatività, alla solidarietà. La scuola fornisce le chiavi per decodificare la realtà, per sviluppare imprenditorialità, per scovare nuove direttrici occupazionali. Una volta frequentare un liceo, un istituto tecnico o professionale, abilitava a un lavoro ben preciso o quasi, oppure apriva la strada all’università. Oggi non è più così. La scuola educa e forma alla cittadinanza, alla cultura umanistica e artistica, alle scienze e alla tecnica, alle scienze umane, turistiche e commerciali e una città è proiettata nel futuro, se riesce a offrire un palinsesto articolato di opportunità formative. Un ambito formativo, alla scala territoriale, se vuole investire nei propri giovani, deve collegare il suo modello di sviluppo (per esempio: ricettività, agricoltura, cultura, solidarietà e socialità, tecnologia ecc.) alle offerte scolastiche; deve promuovere una cultura di rete, funzionale a realizzare progetti, in cui i ragazzi si sentano protagonisti e non antagonisti; deve promuovere progettualità laboratoriali per la rigenerazione del tessuto urbano, sociale, ricettivo, culturale. Lo deve fare con professionalità e determinazione costruendo l’esperienza della disseminazione, dell’esportazione e dell’inclusione e dell’internazionalizzazione. E’ una questione politica, un modo per misurare la lungimiranza della classe dirigente.
La nuova declinazione digitale è il futuro della scuola, ma non può prescindere da una visione etica che determini la misura e la sua applicabilità, privilegiando la dimensione umana, tattile, in ogni azione formativa. E’ una questione di metodo, un modo per progettare il futuro possibile.
La scuola vive anche momenti di criticità: le riforme, i conflitti docenti/dirigenti, l’edilizia scolastica, le risorse e il suo parco docenti – spesso demotivati e rassegnati. In questo senso è necessario un impegno da parte di tutti; anche con una migliore retribuzione. Un rinnovato impegno per la scuola come missione, come scelta. Da tutte le parti: governo, dirigenti e docenti. Ci vuole buona volontà e rispetto per tutta la filiera “Scuola” e non solo per una sua parte. Comprendere la responsabilità che deriva da questo impegno, per formare la nuova classe dirigente e l’armatura produttiva di questo Paese Italia.
Gli attori di queste esperienza esaltante, vivono come Mosè, che ha guidato il popolo prescelto, fino alla terra promessa. L’ha solo potuta vedere da lontano. Non gli è stato permesso di vivere con il suo popolo in quella Itaca che è anche il futuro. E’ la sindrome di Mosè, è quello che ogni docente vive nella scuola – pensando ai propri alunni, quando si avviano solitari, verso nuove mete. Dai monasteri medievali alle moderne cattedrali del sapere, la scuola rimane pur sempre un incubatore di bellezza, un generatore di futuro e un laboratorio di felicità. Il nostro compito è sostenerla, difenderla e innovarla nella tradizione. E allora, aiutiamo i nostri ragazzi a scegliere, secondo le loro inclinazioni, assecondando i loro sogni, sostenendoli nei loro progetti. Perché la scuola siamo tutti noi insieme e se vogliamo un mondo giusto, dobbiamo investire proprio nella scuola. Se vogliamo cittadini attivi dobbiamo cominciare dalla scuola, prima di ogni cosa. Investire significa anche crederci.