Alla fine del 1993 il boss mafioso Leoluca Bagarella, cognato del capomafia Totò Riina, “sa della discesa in campo di Silvio Berlusconi per le politiche del 1994 e decide dirottare il suo sostegno a Forza Italia, e di fatto decide di dare sostegno a Marcello Dell’Utri attraverso i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. Così, lascia perdere il Movimento ‘Sicilia Libera’ che aveva fondato e di fatto confluisce in Forza Italia”. Lo ha detto il pm Francesco Del Bene nel corso della requisitoria nel processo sulla trattativa tra Stato e mafia, in corso davanti alla Corte d’assise di Palermo all’aula bunker del carcere Ucciardone. Del Bene cita, quindi, alcune frasi tratte dalla sentenza definitiva del processo per concorso esterno in associazione mafiosa a carico di Marcello Dell’Utri che sta scontando una condanna a sette anni.
“La Cassazione ci dice che tra Cosa nostra e Berlusconi e Dell’Utri il rapporto era paritario” e ribadisce che “Dell’Utri era un nuovo autorevole interlocutore del dialogo con Cosa nostra”. “Gli agganci potenti con esponenti politici li avevano i fratelli Graviano”, boss del mandamento di Brancaccio a Palermo, prosegue ancora il pm Francesco Del Bene, in aula con i pm Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi, citando le dichiarazioni del collaboratore Tullio Cannella. “Erano loro che si occupavano di politica per risolve e i problemi di Cosa nostra, come la legislazione sui collaboratori di giustizia – spiega – Questa affermazione di Cannella che si colloca con quella di Gaspare Spatuzza in merito alle confidenze nell’autunno 1993 di Giuseppe Graviano. Che in quella circostanza gli disse: ‘C’è in piedi una situazione che, se andrà a buon fine, ci permetterà di avere tutti i benefici, anche per il carcere”.
“Il collaboratore Cannella ha riferito anche che 15 giorni prima della scadenza per la presentazione delle liste elettorali per le politiche del 1994 – prosegue il pm Del Bene – si rivolse a Leoluca Bagarella per avere la possibilità di inserire un candidato del suo movimento ‘Sicilia Libera’ nel Polo delle Libertà. Bagarella gli disse che lo avrebbe messo in grado contattare un soggetto per l’inserimento di un candidato per il Pdl. La persona che avrebbe incontrato era Vittorio Mangano”, lo ‘stalliere di Arcore’, oggi deceduto. Il pm Del Bene parla anche degli attentati di Cosa nostra alla Standa di Catania, che all’epoca era di proprietà di Silvio Berlusconi. Secondo l’accusa gli attentati intimidatori sarebbero cessati solo dopo un accordo tra Cosa nostra e Berlusconi, “attraverso l’intermediazione di Marcello dell’Utri”.
E cita alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia. Già in una delle scorse udienze, il pm Roberto Tartaglia aveva spiegato: “I boss puntarono all’intimidazione, per poi raggiungere il patto”, disse il magistrato nella requisitoria, citando proprio gli attentati alla Standa di Catania del 1990-91: ”Il pentito Malvagna ci ha raccontato che scese un alto dirigente Fininvest per risolvere la questione”. Era Dell’Utri, ha detto un altro pentito, Maurizio Avola, e avrebbe incontrato il capomafia Nitto Santapaola.