Nei giorni scorsi si è spento Nino Mustica, artista di fama internazionale nato ad Adrano.
Il Corriere Etneo ha chiesto allo storico Nunzio Dell’Erba, adranita anch’egli, di ricordarne la figura e le opere.
Nino Mustica avrebbe compiuto 69 anni il 26 agosto di quest’anno, essendo nato ad Adrano nel 1949: una morte crudele l’ha strappato il 17 gennaio scorso ai suoi cari, agli amici e agli amanti dell’arte. Con lui scompare un artista poliedrico, che ha coniugato una pittura astratta con l’essenza della scultura e dell’architettura. Per tutta la vita coltiva infatti una varietà di interessi in una fusione di opere uniche nel suo genere artistico. Presentato dai critici come l’inventore di una nuova forma d’arte, la pittura solida, Mustica dedica la sua attività artistica ad una composizione tra colore e il solido disegno scultoreo, denominando “forme di colore” le proprie composizioni apprezzate nei musei di tutto il mondo.
La prima formazione artistica di Mustica avviene nell’ambiente familiare grazie ai genitori: la madre gli inculca la passione per la pittura e la musica, mentre il padre gli trasmette l’amore per il disegno e per l’architettura. Sarà prima all’Istituto d’Arte di Catania e poi all’Accademia di Belle Arti di Roma che egli perfeziona la sua preparazione artistica, grazie alla quale nel 1970 vince la cattedra per l’insegnamento del Disegno dal vero ed Educazione visiva.
Artista curioso, Mustica viaggia molto, assorbe molte suggestioni dell’arte contemporanea ed acquisisce una vasta conoscenza grazie all’osservazione delle opere sparse nei più grandi musei d’Europa e del mondo. Durante i suoi soggiorni nelle capitali del Nord e in quelle del Sud, le prime definite una “lezione grafica” e le seconde una “lezione pittorica”, egli si nutre della lezione dei grandi pittori, ai quali rivolge una particolare predilezione. La pittura di Giotto e di Piero della Francesca, quella di espressionisti francesi come Henri Matisse, di tedeschi-svizzeri come Paul Klee e franco-russi come Wassily Kandinskij vivificano la sua creazione artistica: di questi ultimi apprezza il contributo ad una nuova pittura fondata su caratteri astratti, seppure nella ricerca di un modulo personale dell’astrattismo e nella rappresentazione libera di segni e colori.
I soggiorni a Londra, a Copenaghen, a New York rappresentano un’esperienza emblematica del suo percorso artistico, che approda in una visione personale con il trasferimento nel 1986 a Milano. La città ambrosiana corrobora il suo talento artistico per la vicinanza ai musei europei, ma senza mai rinnegare le sue radici etnee. Uno sviluppo che lo storico e critico d’arte Giuseppe Frazzetto definisce come “un precisarsi del colore sulla superficie, in una rammemorazione concentrata sul rapporto tra figura e fondo”. Per il noto studioso la dialettica tra grafica e pittura si snoda come una “alternativa fra energia magmatica e tramatura razionale, che tende a risolversi a favore di una superficie intesa come campo dell’irruzione del tempo del colore”.
Come docente all’Accademia delle Belle Arti di Brera, poi di Budapest e di Milano perviene a questo genere personale con la trasformazione del colore in forme concrete (“pittura solida”) grazie ad un programma di computer grafica e modellazione 3D. Le forme così ottenute – come afferma un cultore della sua opera – “possono essere tradotte in qualunque dimensione fino all’architettura” con un discorso variegato, dove “la musica diventa astrazione cromatica, la pittura forma pittorica tridimensionale e quest’ultima architettura” (F. D’Amico, Artitettura. Daniela Pellegrini e Nino Mustico, “La Stampa”, 26 giugno 2017) Un modo di sostituire lo sguardo istantaneo dell’osservatore con quello che volge con la dimensione temporale verso una “plasticità del farsi spazio d’una forma che è dipinta”. La tematica caratterizza la mostra “Artitettura”, esposta nel giugno 2017 a Palazzo Chiericati, là dove arte e architettura diventano oggetto di continue modifiche e mutamenti determinati dall’intercedere degli artefatti dell’ambiente naturale. Delle sue molteplici mostre, che si susseguono con ritmo incessante e frenetico, si possono ricordare quelle tenute a Bologna e a Pavia e pubblicate nel catalogo “Arie colorate” (Milano 1993); quella tedesca edita nel libretto “Continua a dipingere” (Heidelberg 1999) fino alle ultime tenute nel 2010 a Pietrasanta e nel 2012 a Milano, anch’esse edite nei due cataloghi “Pittura solida” (Milano 2010) e “Sparkle” (Milano 2012), e nel 2013 a Nervi con il titolo “Simbiosi” (s. l. 2013).
Il progetto culturale dell’artista adranita assume così la valenza conoscitiva per quanti intendono continuare la sua opera, da cui hanno origine riflessioni fantasiose, che – coniugate con impulsi e visioni – danno vita a nuove forme architettoniche. Il leitmotiv conduttore, che informa la sua creazione artistica, supera così un modello di stagnazione culturale e si pone su un piano di originalità per la fusione di conoscenze interdisciplinari. L’attribuzione di una parte della creatività ai software elettronici non lo allontana dall’ambito umano e rende le sue finalità degne di essere riprese per la riscoperta di nuovi processi artistici. La sua pratica architettonica intende infatti promuovere azioni idonee al rispetto della vita e dell’ambiente naturale, con il quale è necessario sempre confrontarsi per la conservazione della vita.
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