Ultimata la discesa, risalivo lentamente da via Antonio Cecchi, pronto per una nuova, mirabolante calata. Codeste circonvoluzioni giornaliere multiple a cavallo della mia bici coincisero con i primi spifferi di libertà che mi son stati donati da Domineddio: ero felice e me ne rallegravo.
LA MEMORIA DEL CUORE / La Legnano rossa e il gommista col poster di Gloria Guida
Ero un bambino educato, pacioccone e rispettoso. L’aria era quella appiccicosa d’una estate rovente come un ferro da stiro.
Avevo dodici anni e andavo in giro inforcando una Legnano rossa da cross a quattro marce. Vivevo nel quartiere di Canalicchio di questa città chiamata Catania: molte erano le costruzioni disabitate e poche le strade asfaltate. Sudavo come una capra fino a raggiungere casa dei nonni e poi andavo giù lungo tutta la via Pietro Antonelli in meno di dieci secondi netti: che spasso !
Al numero 160 di via Pietro dell’Ova, laddove la via Cecchi sfiorava in alto la parte iniziale di via Antonelli, si trovava un lungo e vasto corridoio stradale. Si trattava d’uno slargo in pianura correttamente bitumato; era una prateria di cemento dove avrei potuto inserire la quarta e galoppare sulla mia Legnano rossa come faceva Francesco Moser. Purtroppo, il Padreterno aveva incaricato Santa e Luigi, cioè i miei genitori, di vietarmi di provare un’ebbrezza come quella. Lassù troppo alto sarebbe stato il rischio di finire travolto da un’automobile; impossibile convincere quei tre a concedermi di pedalare in quei centocinquanta metri di via Antonio Cecchi.
C’era dell’altro: svoltato l’angolo, proseguendo su via Pietro dell’Ova, sorgeva la bottega di Gianni il gommista, uno spilungone perennemente sorridente che masticava chewing gum e aveva sempre qualcosa d’interessante da raccontarti. Alla parete di sinistra della sua officina, Gianni aveva appeso un poster dell’attrice Gloria Guida con le zizze di fuori. Tutte queste cose me le raccontò un pomeriggio di fine agosto del millenovecentosettantanove Ettore, un ragazzino assai vispo che teneva per l’Inter e abitava in via Antonelli proprio di fronte casa mia. Era questi il capo indiscusso della banda dei ragazzetti del quartiere, aveva due anni più di me e guidava in modo spericolato un rumorosissimo motorino Benelli.
La mattina seguente disubbidii. Percorsi quel tratto di via Cecchi veloce più d’una lepre. Raggiunsi subito il numero 162 di via Pietro dell’Ova. Gentilmente chiesi a Gianni di gonfiare la ruota posteriore della mia Legnano rossa. Fissai a lungo la foto della procace pin-up italica mezza nuda sul muro. Accettai da Gianni una gomma da masticare e stetti ad ascoltarlo per oltre mezz’ora. A metà settembre del millenovecentosettantanove ero già un ometto.