Periferie. Quei margini alla ricerca della luce

Periferie

Luoghi fisici e condizioni dell’anima, nelle aree urbane, caratterizzate da situazioni di marginalità economica e sociale, degrado edilizio e carenza di servizi.

Il Natale è la festa della luce nuova. Il Sol Invictus che illumina le menti, per la salvezza degli uomini. Il Natale è anche umanità ritrovata, nei luoghi più remoti e marginali del nostro mondo. Il Natale s’insinua tra le sofferenze e ravviva l’anima degli uomini. Il Natale è dentro la città, nelle piazze, nelle strade, fin dentro i cortili e invade ogni angolo – anche sperduto – del paesaggio urbano fino ai suoi confini.

Il Natale è annunciazione di speranza, è la bella notizia che squarcia le ombre delle debolezze umane. La politica dovrebbe ritrovare in questo tempo, le condizioni per rinnovare i suoi modi, i suoi scopi, le sue proiezioni nel futuro.

Un futuro, che non può prescindere dal recupero delle periferie. Un recupero che rigeneri socialità, umanità, solidarietà per incubare felicità. Per fare tutto questo, serve maturare la consapevolezza delle criticità, la disponibilità a comprendere, ad ascoltare Laocoonte e non le Sirene.

Oggi si parla sempre più di “perifericità” come condizione umana e non solo come luogo. La periferia è spesso margine, limite, bordo, spazio incompiuto, relitto, residuo. Uno spazio dimenticato a cui attingere nei momenti del consenso e cui neghiamo il necessario.

Un campo di calcio, una biblioteca, la strada senza buche e senza terra, con le luci accese. Un parco, gli alberi, un prato. Alberi che profumano e ombreggiano le passeggiate, senza dover inciampare in radici che invadono strade e marciapiedi. E la possibilità di stare fino a sera, senza paura perché la periferia sia più sicura, più connessa, più pulita, più smart. Una periferia inclusiva, accogliente, orgogliosa di essere parte della città, un confine inteso come limite, come la fine di qualcosa o l’inizio di qualcos’altro. Connesso, accessibile per tutti; disponibile e attraente. Sensuale e misterica. La periferia, sia essa, dentro la città che ai suoi confini.

Spesso è il luogo dove cresce la resilienza, la voglia di essere protagonista. Dove i ragazzi sono ancora vivi, pieni di energia e creativi. Perché si diventa creativi quando si è circondati dal nulla, dal vuoto, dall’incompiuto e si deve inventare tutto. Gli alberi sono pezzi di legno conficcati per terra e le montagne sono le carcasse delle auto abbandonate. Il campo di calcio è un pezzo di terra pianeggiante con alcuni sassi a fare da porta e la mattina – quando si deve andare a scuola – si intraprende un viaggio, con la pioggia, con il sole cocente, con il vento.

Ho visto bambini diventare uomini in questa terra di mezzo. Vedo oggi, molti di questi bambini, diventati portatori di speranza. Che lottano per un piccolo campo di calcio, per avere le strade asfaltate e le luci tutte accese come le luminarie del Santo Patrono. Sono uomini e donne senza voce, lontani dagli interessi culturali ed economici di quella parte nobile della città, che si specchia nelle vetrine delle vie principali o peggio ancora nei salotti dei palazzi e delle masserie – a questi uomini offriamo – invece dei servizi essenziali – nuove case e nuovi spettacoli, feste bucoliche e d’avanguardia. Loro volevano solo un campo di calcio, un parco, le strade, un tram, le luci e la sicurezza di poter passeggiare anche la sera.

Ascolto spesso le confessioni di questi uomini, di queste donne e dei loro figli. Ho vissuto, tra loro, come volontario condividendo le piccole cose – attorno all’unico presidio culturale e sociale: la parrocchia.

Comunisti, fascisti, democristiani? Radical, anarchici, socialisti, lobbisti? No, solo abitanti di periferia ai margini delle città, con tanti bisogni e la consapevolezza che qualcuno gli ha rubato il futuro, per stornare risorse altrove.

Quante responsabilità si possono trovare nelle politiche del passato, tra lottizzatori e speculatori, tra politici e intellettuali, tra tecnici e imprenditori. Come gli uomini della barriera di ghiaccio nel “Trono di Spade” – la scuola e la chiesa sono le uniche presenze a presidiare questo spazio interstiziale, che vuole essere ed esistere.

Qualche volta, ascolto le loro preghiere e l’imbarazzo di dire da quale quartiere provengono; qualche volta sento il loro orgoglio ferito, ma nello stesso tempo la dignità di chi non si arrende.

E’ Natale e voglio dedicare questa riflessione a tutti quelli che combattono ogni giorno per rendere più bella la loro periferia, quelli che investono tempo e denaro per rigenerare la città vera, con gli uomini dentro. Quelli che non si arrendono e organizzando feste, sagre, gare, processioni, doposcuola, e tanto altro. Quelli che piantano alberi negli spazi pubblici, senza chiedersi se sia un loro compito. Quelli che continuano a vivere nelle periferie e difendono le piccole cose con i denti, quelli che aspettando un finanziamento – come il messia – anche se sanno che nessuno farà un parco, nessuno farà una biblioteca, nessuno farà la strada, ma al massimo ancora altre case.

E’ Natale e possiamo solo sperare che la nuova luce, illumini i potenti, i politici, quelli che possono decidere di trasformare il sud delle nostre città, nell’opportunità di riqualificare la città di margine per avviare un programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie. E’ una questione politica, è una questione etica, è una questione di metodo. La periferia è quella parte di noi, che spesso nascondiamo. Non è solo un luogo fisico ma una condizione sociale, psicologica ed economica che “usiamo” per vivere in mezzo alle luci.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

1 Comment

  1. Condivido e apprezzo il contenuto dell’articoli. Oggi però non bastano le riflessioni e le denunce, bisogna operare. Tu ad esempio, potresti rendere pubblici i lavori che, assieme ad un manipolo di visionari dipendenti comunali dell’U.O. LL.PP e P.C. ai avviato nel periodo che sei stato assessore al Comune.
    Ti ricordo l’enorme lavoro che abbiamo fatto per individuare le aree libere o da rendere libere per la sicurezza e la riqualificazione del centro storico, gli interventi programmati nella collina storica, sopratutto quelli urgenti per mettere in sicurezza il costone dichiarato franoso dal piano idrogeologico comunale. La necessità di intervenire con urgenza per mettere in sicurezza il viadotto del corso Italia, di prevedere un parcheggio in via Isole Eolie da destinare ad area di attesa di p.c. Per quest’area avevamo avviato con la Regione una procedura di scambio con l’area su cui sorge il COM. E poi, la cosa più importante per riqualificare il centro cittadino, vera emergenza periferica, l’urgenza di redigere un piano o più piani particolareggiati per il centro storico. Ti ricordo che già avevamo individuato e perimetrato quelli più significativi ( Collina- San Gaetano- Zona di via Girgenti). Nessuno dopo quel periodo ha più parlato di questi argomenti. penso che gli uomini di buona volontà di Paternò si diano una mossa per parlare concretamente come risolvere i superiori problemi rimasti al palo. E’ stato un piacere conversare con te. Auguri

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