Tiziana Alma Scalisi, giornalista dall’età di 5 anni, pubblicista da un po’ meno. Vive e lavora a Firenze, collabora con le testate giornalistiche Il Reporter, Lucca in Diretta e Dilettanti Toscana. Collabora con il Teatro di Antella. Non nasconde l’innata e travolgente passione per la terra siciliana, il cui fuoco le scorre nel sangue per discendenza paterna.
IL MIOCABOLARIO / L’impennata di zia Annetta. Al Passo Zingaro l’estate odorava di felicità
Modi dire, espressioni gergali, stramberie verbali: in barba a qualsiasi norma lessicale o grammaticale, nei paesi catanesi (ma la cosa vale anche per il resto della Sicilia) ciascuno di noi governa un dizionario tutto suo. Il Corriere Etneo vuole farne una rubrica e l’ha chiamata IL MIOCABOLARIO.
A tenerla a battesimo è la giornalista siculo-fiorentina Tiziana Alma Scalisi.
Questa estate si è portata via molte cose. Ha chiuso un ciclo, ma ha aperto la mia scatola dei ricordi. La prima volta che ho sentito questa parola mia figlia e io siamo scoppiate a ridere. “D’estate andavamo al Passo Zingaro, tra Adrano e Bronte, e la zia Annetta faceva l’impennata”. L’impennata? Che buffo, cosa ci faceva la zia su due ruote? Impennata! Una parola sconosciuta, eppure mano a mano che i racconti si dipanano inizia a prendere forma come il filo della tela del ragno che si intreccia fino a svelare la meraviglia della perfezione. Ed è così che l’impennata di zia Annetta inizia a vivere, a definirsi e diventa racconto, si fa storia, diventa ricordo, immagine viva, colorata, fresca allegra, quasi profumata di zagara e salsedine. Prende forma attraverso la sua voce e la parola vive, arde come le fiamme di un fuoco che mentre si racconta si plasma.
“La casa era piccola sai, e noi bambini (eravamo quasi in dieci!) dormivano tutti in un unico stanzone maschi e femmine di tutte le età. Allora zia Annetta compiva la magia: tirava i fili alle pareti e divideva le stanze con lenzuoli colorati. Era ciò che chiamava “l’impennata”. Che gioia per noi bambini.
All’improvviso quel freddo stanzone aveva preso vita e sarebbe stato il nostro luogo segreto per il resto dell’estate”.
Le parole sono così, come l’impennata di zia Annetta: fredde e vuote all’inizio, ma se attizzi il fuoco del ricordo, della gioia, dei sapori di quelle estati che non torneranno più, allora le parole ci catapultano subito insieme a quei bambini di 60 anni fa, a giocare felici sui binari di un treno di campagna in pantaloncini e maglietta, a lavarsi con l’acqua ghiacciata e a rincorrersi tra i lenzuoli in uno stanzone colorato e magico. E il tempo, allora, è davvero mai passato?