Il nome dei figli: in provincia avanzano i Kevin e le Chantal. L’abbinata col cognome è spesso esilarante

Figlio
Tutto inizia dal quinto giorno di ritardo. Dopo le disquisizioni sulle ipotetiche combinazioni genetiche circa tratti somatici, doti caratteriali e talenti speciali, il toto-nome non tarda ad arrivare.
Si abbandonino le tradizioni di famiglia, si tralascino le volontà paterne e non si ascoltino i consigli di suocere, cognate, nipoti e parenti. Una madre – sia essa di Bronte, Adrano o Paternò – sa già ciò di cui il proprio figlio ha bisogno.
Potranno pure dominare i geni di una famiglia, divertendosi a sovvertire  le norme della bellezza classica con il naso aquilino dello zio Calogero o con le gambe corte della cugina Febronia, ma sul nome non si scherza.
Quello, sì, che può cambiare la vita! Figurati se zia Vincenzina, nonna Illuminata o il bisnonno Sebastiano sappiano cosa significhi presentarsi al mondo,  pronunciando – scandendo bene – le sillabe del proprio destino. Vorreste mai interrompere l’ascesa all’Olimpo di una futura cantante, di una talentuosa ballerina o di un aitante calciatore solo perché il nome non suona e, quindi, non funziona?
Bisogna studiare, consultare le fonti, selezionare ed associare avendo orecchio e sfoderando un pizzico di originalità.
Il nuovo, si sa, trionfa sempre sull’antico e certe  modifiche, benché minime, nelle consonanti o nelle vocali donano spessore ed un pizzico di internazionalità che non gusta mai.
Trentanove settimane  di mistero, ecografie, esami ematici, sessioni fotografiche e, dopo il primo vagito, cala il silenzio. E non per l’emozione.
Bryan, Kevin, Jonathan, Chantal, Shakira e Chanel – solo per citarne alcuni – sono pronti  a vivere le loro esaltanti vite, scandite a suon di storpiamenti, chiarimenti, schiarimenti di voce ed interrogatori vari sul significato reale del loro nome e sulle motivazioni dello stesso. A rendere esilarante il finto patronimico è il suo abbinamento con il cognome. Duri da digerire, solo per fare un esempio, “Kevin Santangelo” oppure “Bryan Asero” (anche se, fa molto Bryan Adams); “Chantal Cunsolo” reggerà sin dall’asilo la compagnia di normo-nomati o servirà farle frequentare una “Chanel Saitta”?
Inutile ribattere, deleterio chiarire: sbaglieranno inconsciamente o persevereranno  diabolicamente.
Sarete sempre qualcun altro da voi stessi ed il vostro nome sarà urlato tra i vicoli, mormorato tra gli amici e criticato dai parenti. Per poi essere scelto consapevolmente da un’altra futura mamma, ignara del turbinio di vocali sollevate o di accenti mancati. Perché, in fondo, anche se non si può sentire, l’importante è che suoni.

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