Arrestati tre imprenditori catanesi e sigilli a un patrimonio da 4 milioni di euro per bancarotta fraudolenta. In azione, su delega della Procura della Repubblica di Catania, i finanzieri del Comando provinciale che hanno dato esecuzione ad un decreto del Gip che ha disposto la misura dei domiciliari e il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie per bancarotta fraudolenta accertata nell’ambito del fallimento della società commerciale Betoncat sas. La società catanese (società per azioni dal 2008 al 2015), operante sul territorio nazionale nel settore della costruzione di opere idrauliche e con un fatturato annuo di 10 milioni di euro, era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Catania il primo dicembre 2016. Il provvedimento di custodia cautelare è stato emesso nei confronti degli indagati Rosario Furnò, 68 anni, e dei figli Sandro, di 34 anni, e Piero, di 44, nella loro qualità di amministratori della fallita. In particolare, spiegano gli inquirenti, “la spregiudicata e illecita gestione degli affari societari operata dagli amministratori”, sarebbe stata caratterizzata da una sistematica alterazione delle scritture contabili tesa a nascondere la destinazione del patrimonio aziendale verso finalità estranee allo scopo sociale.
Accertata la perdurante inosservanza degli obblighi di versamento di tributi erariali e contributi previdenziali che ha determinato un debito verso lo Stato di circa 20 milioni di euro. L’indagine dei Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Catania, nella quale sono confluite le relazioni della curatela e del consulente tecnico, ha riguardato i bilanci dal 2010 al 2016 dai quali è emerso il ricorso a svariati espedienti contabili tutti finalizzati a rappresentare un risultato d’esercizio migliore di quello effettivamente conseguito. Da oltre 5 anni, gli amministratori hanno operato come se la società non presentasse un disequilibrio economico irreparabile aggravandone il dissesto mediante l’artificiosa contrazione di costi e la rilevazione di maggiori ricavi inesistenti. Gli indagati dolosamente non hanno fatto ricorso agli strumenti previsti alle imprese in crisi “così continuando ad operare a danno di altre imprese, dello Stato e dei lavoratori della stessa”. L’analisi della copiosa documentazione contabile acquisita ha permesso di rilevare, tra le tante operazioni commerciali frutto di “un’insana gestione aziendale”, una serie di trasferimenti azionari, mediante donazione, tra parenti e affini della famiglia Furnò strumentali a minimizzare le responsabilità penali e civili degli effettivi amministratori. I 4 milioni di euro circa sottoposti a sequestro si riferiscono anche ad operazioni effettuate dalla fallita con società solo apparentemente terze – Costruzioni Generali Gasdotti Srl (Cogegas) di Regalbuto (Ena) e Furnò Costruzioni Ferroviarie spa di Catania – ma, in concreto, di proprietà della stessa famiglia Furnò. Eseguiti i sequestri di 15 conti correnti intestati e nella disponibilita’ degli indagati e delle ditte.
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