Adrano, il male oscuro divora una non-comunità

Adrano
Un altro suicidio scandisce una escalation di dolore in una realtà cittadina, Adrano, che ha visto tempi migliori. Ieri un giovane poco più che ventenne, oggi un padre di famiglia.
Difficile, forse anche impossibile, indagare sul mal di vivere che può aggredire lentamente oppure scuotere all’improvviso e far immaginare un baratro dove invece si concentra una criticità più problematica. Ciò che atterrisce, assieme al dolore che prende stabile residenza nelle famiglie dove si registrano tragedie del genere, è il senso di fattuale impotenza dentro ciascuno di noi. Se fossimo una comunità quel dolore inenarrabile dovrebbe essere anche un po’ nostro. Se fossimo una comunità non esiteremmo a scrutare negli occhi del nostro vicino o compagno di scuola l’embrione di un disagio che può diventare male oscuro a lasciarlo intatto.
Da tempo, ormai, abbiamo smesso di dire “Mi importa anche di te” a chi ci sta vicino.
Per questo quando qualcosa di negativo accade a noi sprofondiamo nella disperazione: ci sentiamo maledettamente soli, pensiamo di non poter contare su nessuno. Rinchiuso in una bolla d’egoismo ciascuno di noi ha eroso quegli spazi di solidarietà che un tempo scaldavano il cuore di chi aveva bisogno d’aiuto. Ciò di cui abbiamo bisogno è tornare ad essere una comunità dove sia che si pianga o che si rida lo si fa stando l’uno accanto all’altro.

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