Il rapporto Svimez 2017 è stato presentato ieri a Roma nella Sala della Lupa, alla camera dei Deputati. Secondo le previsioni dell’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno il sud d’Italia resta agganciato alla ripresta economica anche per il prossimo bienno 2017-2018. Bene l’industria specie quella manifatturiera, anche se la resilienza alla crisi non è stata omogenea, tra le regioni ed i vari settori produttivi. Sul lungo periodo si dovrà tenere conto di un aspetto definito “dualistico”: demografico, generazionale, nei servizi pubblici. Aumenta il lavoro ma con basse retribuzioni questo costringe le famiglie del sud a manterene ancora bassi i consumi con una relativa e preoccupante contrazione della spesa. Di contro un sud fuori dalla recessione ed reattivo giova all’Italia intera, me il persistere della grave emergenza sociale ed il depauperamento del capitale umano meridionale minano il consolidamento del processo di sviluppo.
“Il Mezzogiorno è uscito dalla lunga recessione – si legge nel rapporto – e nel 2016 ha consolidato la ripresa, registrando una performance per il secondo anno superiore, se pur di poco, rispetto al resto del Paese. Bene l’industria manifatturiera che al Sud è cresciuta nel biennio di oltre il 7%. Segno positivo sull’influenza delle politiche di sviluppo territoriale mentre restano le difficoltà delle imprese del Sud ad accedere agli strumenti di politica industriale nazionale. Ottima la performance soprattutto al Sud delle esportazioni nel biennio 2015-2016. Le previsioni per il 2017 e il 2018 confermano che il Mezzogiorno è in grado di agganciare la ripresa, facendo segnare tassi di crescita di poco inferiori a quelli del Centro-Nord.
Tuttavia la ripresa congiunturale è insufficiente ad affrontare le emergenze sociali. Il tasso di occupazione nel Mezzogiorno è ancora il più basso d’Europa (35% inferiore alla media UE), nonostante nei primi 8 mesi del 2017 siano stati incentivati oltre 90 mila rapporti di lavoro nell’ambito della misura “Occupazione Sud”. Resta alto ancora il livello di povertà e le politiche di austerità deprimono i consumi. Da tenere sotto controllo anche il valore demografico inerente l’emigrazione specializzata. Tanti i giovani laureati che hanno abbandonato il mezzogiorno per andare all’estero. Sul lungo periodo questo deficit tenderà a causare dei vuoti che difficilmente potranno essere colmati se la politica non interviene concretamente per arginare e porre rimedio al problema.