Libri, i punti oscuri e le “Ombre nere” sul delitto Mattarella

Domenica 6 gennaio 1980. Palermo. Via Libertà. Un giovane dagli occhi di ghiaccio s’avvicina all’auto della famiglia Mattarella ed esplode alcuni colpi d’arma da fuoco verso il guidatore. La moglie, Irma Chiazzese, seduta accanto al presidente della Regione Siciliana, fratello dell’attuale capo dello Stato, che sarà tra i primi ad arrivare in strada, assiste pietrificata. L’arma si inceppa dopo i primi colpi, il giovane si allontana, gli viene data un’altra arma da chi lo attende in una auto distante pochi metri, torna indietro e spara ancora. Piersanti Mattarella, leader del rinnovamento democristiano muore dopo un’inutile corsa all’ospedale. Una vicenda su cui tornano a ‘indagare’ due giornalisti esperti di giudiziaria, Sandra Rizza e Luigi Lo Bianco, già cronisti per ‘L’Ora’ di Palermo e esperti di cose siciliane, con un libro appena arrivato in libreria dal titolo ‘Ombre nere – ll delitto Mattarella tra mafia, neofascisti e P2′. “E’ una storia di cui sentivamo l’esigenza di parlare – dice all’AdnKronos Sandra Rizza – facendo in modo che vengano lasciate da parte le ‘confortevoli ipotesi’ di cui parlava Sciascia”.

Perché dietro quell’omicidio, passato in giudicato nelle aule dei processi come omicidio di mafia, ci fu chi vide subito che qualcosa non tornava. Ad iniziare dalla moglie di Mattarella, Irma Chiazzese, che vede bene il killer del marito: per lei è Valerio ‘Giusva’ Fioravanti, terrorista neofascista, appartenente ai Nuclei armati rivoluzionari. “E’ un omicidio eccellente – sottolinea Rizza – lui era il presidente della Regione, che per legge poteva anche andare nel Consiglio dei ministri, l’uomo politico di più alto rango mai ucciso in Italia” un personaggio di grande livello, il cui omicidio “ha avuto una risposta giudiziaria parziale e incompleta” visto che “nella sentenza si individuarono come mandanti i corleonesi, ma non si arrivò a parlare dei sicari”. Giovanni Falcone si convinse che Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini fossero gli esecutori. “I pentiti neri confermarono le accuse di Cristiano Fioravanti al fratello – dice Rizza – . Si parlò di uno scambio di favori tra cosa nostra e i neri” ma “nel processo, che si celebra dopo la morte di Falcone, la Procura cambia rotta, abbandona la pista nera e torna a parlare di delitto di mafia”.

Una vicenda drammatica, in una città che sta per vivere la sanguinosa seconda guerra di mafia, che vedrà prevalere i corleonesi di Riina e Provenzano, lasciando una scia di morte di oltre duecento omicidi. Cosa nostra intanto ha già alzato il tiro, non uccide più soltanto agenti delle forze dell’ordine, magistrati o ci si spara tra cosche. Ora tocca ai politici. Alcuni mesi prima di Mattarella, la sera del 9 marzo 1979, il segretario provinciale della dc siciliana, Michele Reina, veniva assassinato, primo esponente della classe dirigente fatto fuori da Cosa Nostra. Nel libro Rizza e Lo Bianco partono dall’indagine di Falcone, analizzando il ruolo della P2 e dell’eversione nera, passando dalle lotte intestine al vertice di Cosa nostra fino alle manovre ambigue di don Vito Ciancimino, per arrivare a porre un nesso tra la strage di Bologna del 2 agosto e la morte di Mattarella. “Tra i tanti gialli mai risolti – ricorda Rizza – il mistero dei pezzi delle targhe ritrovate in un covo dei Nar a Torino, nell’82, dopo due distinte perquisizioni”, targhe che riportano alla Fiat 127 dei killer di via Libertà che presentava una numeri di targa complementari a quelli trovati dai carabinieri. ‘Circostanza di stupefacente singolarità’ disse Loris D’Ambrosio, esperto magistrato che si occupava di eversione nera. “Quella targa ora non si trova più”, aggiunge l’autrice della biografia su Rita Atria.

Su quella traccia adesso sta lavorando la Procura generale di Bologna che ha avocato a sè l’inchiesta sulla strage della stazione del due agosto 1980. Un procedimento che, secondo l”Associazione 2 agosto’, quella dei familiari delle vittime, potrebbe portare a provare i collegamenti tra i mandanti del delitto Mattarella e della strage di Bologna: la P2 e pezzi deviati dei servizi. “Nell’ambito della carte che abbiamo mandato alla Procura, circa duemila pagine – spiega il presidente Paolo Bolognesi – ci sono cose che portano anche alla vicenda Mattarella, ai rapporti di Fioravanti con Palermo”. “Cavallini è un capitolo a sè, non è escluso che gli si chieda anche sul delitto di Mattarella”, aggiunge l’ex parlamentare dem. Una rilettura politica del delitto Mattarella potrebbe portare a importanti novità. Di certo Piersanti Mattarella aveva puntato all’alleanza Dc-Pci in Sicilia, in linea con quanto indicato da Aldo Moro, di cui era uomo di riferimento. Una vicinanza politica, che li accomuna anche nel tragico epilogo. Con entrambi gli omicidi, a distanza di 40 anni, che restano segnati da troppe ombre.

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